Si dice che un giorno gli dei convenuti ad Olimpia per i giochi abbiano voluto far dono agli attrezzi dell’atletica leggera di qualche minuto di umana follia. Un po’ per scherzo (si sa gli dei erano fatti così…), un po’ per una forma di riconoscimento a degli oggetti, tanto preziosi per lo svolgimento dei giochi, ma che proprio in quanto oggetti non possedevano quella che già a quei tempi si chiamava anima, appannaggio esclusivo degli esseri umani.
Si riunirono in un battibaleno e, senza tanti giri di parole, chiesero il permesso a Zeus, loro padre, che acconsentì. A patto che il fenomeno durasse solo qualche istante (che per gli dei è un’eternità) dato che, spiegò Zeus, era la prima e unica volta che si poneva negli oggetti inanimati una scintilla umana. E poi se ne andò mormorando, “altrimenti dove si va’ a finire…”, “non c’è più
religione…” e cose di questo tipo.
Forse fu questo il motivo, anzi certamente, che scatenò il vorticoso putiferio degli attrezzi. Tutti schizzarono dai loro posti, come se si trattasse di una partenza dei cento metri piani. Si videro giavellotti volare verso barriere, pesi abbattere ostacoli, martelli roteare pericolosamente in aria ben al di là della rete di protezione, blocchi di partenza invadere corsie, materassini (soprattutto) rifiutarsi da fungere da giacigli per ritti ed asticelle. Insomma, un “caos”, come nella migliore tradizione mitologica dell’origine dell’universo.
Ma fu così che, tramite l’unione di un’asta e una pedana, nacque Enzo Miceli. Il suo atto di nascita venne redatto nell’antica sede della FIDAL di Napoli, a Piazzale Tecchio, a Fuorigrotta (dove sennò…). “Correva” l’anno…, questo non si sa!
Il bambino ebbe un’infanzia serena e crebbe in un contesto permeato dai sani valori dell’Atletica Leggera. Nel suo DNA era connaturato e istintivo il bisogno, quasi un’esigenza, di dedicarsi anima e corpo all’Atletica Leggera. Tanto per fare un esempio, quando Enzo Miceli è in ferie, va’ al mare, sì, in riviera, sì, ma a quella dei 3.000 siepi. E tanto per farne un altro, di esempio, se vi aggirate in federazione alla ricerca di qualcuno che non riuscite a trovare ed aprite una porta dove sperate di riuscire nell’impresa, non c’è l’introvabile persona, ma lui, Enzo Miceli. Sempre presente, sempre a disposizione.
Perciò, non deve stupire che, espletate le sue normali occupazioni quali mangiare, lavorare, parlare, eccetera, cosucce che pure bisogna che faccia, lo si veda aggirarsi sui campi con i suoi fogli sottobraccio, i suoi occhialini in procinto di cadergli dal naso, il suo passo rapido e felpato.
Caro, semplice e buono Enzo Miceli. Sembra incredibile, ma da che mondo è mondo, nessuno l’ha mai visto arrabbiarsi. E’ davvero il caso di dire che la sua calma è “olimpica”. Naturalmente, uno come lui non poteva non fondare una società di atletica leggera: “Atletica Virgiliano” (tanto per restare sul classico…). Ed è stato atleta egli stesso. Qualcuno (n.d.r.) l’ha visto scattare in una campestre a San Prisco, con i suoi lunghi (e già grigi) capelli al vento senza riuscire a raggiungerlo. Quindi, è stato atleta di un certo spessore.
Però, il suo più bel risultato è quello che ottiene, da anni, con i giovani: li fa’ allenare, gareggiare, aggregare, crescere, come si conviene. Ogni tanto, dal Campo del Virgiliano (e non solo) trapelano notizie di manifestazioni sportive per ragazzi, che si cimentano con allegria e serietà nelle varie discipline dell’atletica. Ecco perché la sua figura, che ci accompagna sempre in ogni manifestazione su pista tanto da farci ritenere impossibile la sua assenza, ci è particolarmente cara. Ed ecco il perché di questo tributo, doveroso per una persona che, senza proclami, dedica la sua vita al nostro sport.